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Lo Sledge Hockey è uno sport che si gioca sul ghiaccio.

Si tratta di una variante dell’Hockey su Ghiaccio per persone che hanno disabilità motorie agli arti inferiori, inserito nel programma delle paraolimpiadi fin dall’edizione norvegese dei giochi invernali, che si è tenuta nel 1994. Uno sport duro e fisico, esattamente come quello da cui deriva.

Era la seconda parte del 2007 quando sono intervenuto per risolvere un caso molto particolare: quello di Ambrogio Magistrelli, bomber della squadra azzurra, uno degli atleti più quotati di questa disciplina a livello nazionale, che pareva avere un problema alla cuffia dei rotatori di entrambe le spalle.

All’esame fisico, sia quella del braccio destro che quella del braccio sinistro sembravano infatti essere state danneggiate. Vista la particolare condizione di Ambrogio, che può contare sulle sole braccia per tutte le attività quotidiane, era quindi di vitale importanza la perfetta riuscita di entrambi gli interventi.

Chi è Ambrogio Magistrelli

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Ambrogio Magistrelli – Foto del profilo di Facebook

La prima volta che ho incontrato Ambrogio Magistrelli sono rimasto molto colpito dalle sue capacità di atleta e dalla incredibile forza fisica che lo contraddistingue.

Per anni è stato l’attaccante più importante della sua squadra, l’«Armata Brancaleone» della PolHa Varese, ma anche della nazionale maschile, con la quale ha partecipato a due edizioni dei giochi invernali.

Quello che mi ha però impressionato maggiormente in quest’uomo è la sua incredibile determinazione, che in qualche modo trasmette una grande energia anche alle persone che gli stanno intorno.

Il problema alle spalle di Ambrogio

L’usura che deriva dall’allenamento è spesso causa di danni alla cuffia dei rotatori per tutti gli sportivi che praticano attività agonistica di alto livello.

Per Ambrogio questo è particolarmente vero anche perché le braccia sono gli unici arti sul cui aiuto può contare per lo svolgimento di tutte le attività, compreso ovviamente il movimento.

Ambrogio lamentava dolori ad entrambe le spalle da qualche tempo e quando arrivarono i risultati della risonanza magnetica erano solo la conferma di quello che tutto il team medico pensava: l’allenamento, unito al sistematico ma inevitabile sovraccarico delle articolazioni avevano danneggiato la cuffia dei rotatori bilateralmente.

Si tratta di un’evenienza piuttosto rara in persone ancora giovani, tuttavia perfettamente spiegabile, specialmente alla luce del particolare vissuto del paziente.

Che cos’è la cuffia dei rotatori?

La cuffia dei rotatori è una struttura muscolare, formata dai tendini dei quattro muscoli che servono a dare stabilità alla spalla ed a muovere il braccio all’interno di tutto il suo naturale raggio d’azione, attraverso i tre movimenti principali di abduzione, adduzione e flessione interna/esterna.

La spalla è una parte anatomica piuttosto delicata del nostro corpo, proprio per via delle grandissime possibilità di movimento che deve consentire all’arto e per l’uso frequente che ne facciamo, talvolta senza accorgercene, nella vita di tutti i giorni.

Cause e sintomi della rottura della cuffia dei rotatori

Le due diverse tipologie di cause che determinano un infortunio alla cuffia dei rotatori sono quelle di natura traumatica e quelle di origine infiammatoria; è bene precisare, comunque, che nella pratica quasi sempre sono presenti elementi che fanno pensare alla concorrenza di entrambe le cause e che sarebbe forse più utile chiedersi quale tipologia sia prevalente.

I sintomi dolorosi possono avere intensità differenti a seconda del danno e della personale percezione ma in generale nella fase iniziale il dolore si avverte soprattutto dopo sforzi intensi o, all’opposto, a seguito di un lungo periodo di riposo.

Capita per esempio che si manifesti durante la notte, un evento purtroppo piuttosto frequente ed estremamente fastidioso.

La cosa importante da tenere presente se si sospetta una lesione o una rottura alla cuffia dei rotatori è che prima si effettua la diagnosi, maggiori sono le possibilità di una guarigione completa in tempi rapidi.

Le lesioni tendono infatti a peggiorare con il tempo ed a richiedere quindi trattamenti più complessi; se diagnosticate in fase iniziale, invece, possono a volte essere curate anche senza l’aiuto di un intervento chirurgico.

A parte gli eventi traumatici come colpi o cadute, lo schiacciamento dei tendini che scorrono nello spazio fra omero e scapola è fra le principali cause di usura dei tendini stessi.
Questa condizione deriva dall’usura naturale e dalle peculiarità anatomiche del paziente. Di conseguenza gli infortuni dovuti all’infiammazione ed all’usura della cuffia dei rotatori sono rari [ma non impossibili] nelle persone sotto i 40-45 anni di età.
La naturale degenerazione dovuta all’invecchiamento dei tessuti può essere determinante, così come alcune malattie metaboliche [ad esempio il diabete], le calcificazioni e, più in generale, tutte le condizioni che causano un ridotto afflusso di sangue nella zona della spalla.

L’intervento chirurgico ad Ambrogio

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Per i motivi che abbiamo già accennato, questo non era certo il caso di Ambrogio, che per necessità pratiche operammo in due tempi successivi, riparando entrambe le cuffie dei rotatori, che avevano riportato danni importanti.

Normalmente, questo intervento si effettua per via artroscopica, realizzando due o tre piccole incisioni, di un centimetro circa, dalle quali si può accedere utilizzando un microscopio per avere la vista del campo operatorio.

Il ritorno in campo del bomber

Entrambi gli interventi hanno avuto un notevole successo.

Non solo Ambrogio nel giro di pochi mesi è tornato a giocare a Sledge Hockey; nonostante fossero disponibili atleti più giovani, ha anche ricevuto la convocazione ai giochi di Vancouver 2010, nei quali l’Italia ha ottenuto il 7° posto assoluto, il miglior risultato mai raggiunto in questa disciplina.

Non bisogna però dimenticare che il merito per l’esito dell’intervento non va solamente all’équipe chirurgica.

L’atleta sa bene che un buon risultato dipende anche dal suo impegno nella fase successiva, quella che prevede la riabilitazione attraverso esercizi mirati di fisioterapia e rieducazione motoria: da tre a sei mesi durante i quali è necessario che il paziente dia il suo massimo, proprio come se stesse preparando una gara importantissima.

Ho aiutato un grande campione!

Quelli che seguono il mio sito e gli articoli che posto sanno perfettamente quale sia il mio pensiero in materia: tutti i miei pazienti hanno ovviamente la medesima importanza, è inutile dirlo.

Tuttavia, quando devo intervenire su un atleta è inevitabile sentire una responsabilità maggiore, dato che dall’accuratezza con la quale svolgo il mio lavoro potrebbe dipendere il futuro della loro carriera sportiva.

In questo caso, la distinzione ha un valore ancora superiore perché Ambrogio deve contare sulle proprie braccia anche per spostarsi in modo autonomo. Ricordare il periodo in cui ho aiutato Ambrogio a recuperare le sue eccezionali capacità è quindi qualcosa di particolarmente importante!